Firenze, oggi.
Il direttore del Museo degli Innocenti viene trovato morto in una delle sale. Colpo di pistola alla tempia. Ma l’ipotesi del suicidio non convince il commissario Siciliano, soprattutto dopo la sparizione di uno dei “segni di riconoscimento”, oggetti spezzati a metà che venivano lasciati assieme ai neonati nella struttura, per poterli riconoscere qualora i genitori fossero tornati a prenderli. Chi è la misteriosa Lucetta? Quale segreto collega una bambina abbandonata oltre un secolo prima con il defunto direttore? Sostenuto dai fedeli colleghi, la sovrintendente Alessi e l’ispettore capo Tommasi, il commissario Siciliano indaga e smuove torbide acque, incurante degli ostacoli frapposti dai suoi stessi superiori.
Riuscirà a svelare l’identità dell’assassino? E sarà sufficiente a fermare i veri colpevoli?
Ci sono colpe che partono da lontano. Padri mai nati con quella vocazione, e uomini votati in animo, – magari atti e professati a quello –, ma sfortunati nel destino. Figli fatti a stampo e figli-non figli, surrogati di vite ereditate e mai desiderate, ma piovute da cieli fatti di mare e mareggiate. Rapporti in bilico perenne, avvezzi ad ansie e storture che reggono e sorreggono i fragili ponteggi con finto collante e rinnovate bugie. Una serie di relazioni familiari autodistruttive che fanno riflettere, per le cose che in queste famiglie si dicono, ma soprattutto per il non detto. Nel mezzo, tre protagonisti accomunati dal medesimo "carattere" Asperger; tre modi di affrontare la vita, un unico epilogo. La vita finta è tutto questo, un omaggio a tutti coloro che fingono per attitudine; a quelli che, di contro, annaspano per sopravvivere alle altrui finzioni; a quelli che non sanno fingere o fingersi diversi da quello che hanno dentro. Perché le crepe generano sempre fiori, e quello che sono, lo sanno soltanto loro.
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