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Recensione: BEPPE FENOGLIO. LETTERE 1940-1962


Titolo
: Beppe Fenoglio. Lettere 1940-1962
Curatorǝ: Luca Bufano
Editore: Einaudi
Pagine: 320
Prezzo: € 13,00

«Queste lettere di Fenoglio appartengono alla storia della sua sopravvivenza». Luca Bufano Quello che Luca Bufano, con un paziente e appassionato lavoro durato anni, è riuscito a mettere insieme è un corpus di centouno lettere, dagli anni del liceo fino agli ultimi mesi di vita di Beppe Fenoglio. Le più divertenti sono le lettere agli amici e alle amiche giovanili, nelle quali i pensieri sono affidati a una lingua ricca e brillante, in cui è facile riconoscere il futuro scrittore. E poi ci sono le lettere, più compassate, 'in primis' quelle agli editori. Infine, vengono riportati i commoventi biglietti scritti in ospedale ad amici e familiari quando Fenoglio non poteva più parlare e sapeva di avere pochissimo tempo davanti a sé. Una testimonianza che ci mette in contatto con la fascinosa e sfuggente personalità di una delle voci più alte del Novecento, con il suo humour, con la sua etica austera e il suo assiduo lavoro di scrittore.

***

Le si leggano dunque, soprattutto, come testimonianze: non solo un prezioso insieme di riferimenti per lo studioso dell’opera di Fenoglio, ansioso di verificare date e ipotesi critiche, ma sprazzi di vita che ci mettono in contatto con un uomo e la sua sfuggente personalità, la sua etica austera, il suo assiduo lavoro di scrittore.

Luca Bufano

Le lettere, come le pagine dei diari, fanno parte di una scrittura privata, intima e certamente non pensata per la pubblicazione. Eppure, le raccolte delle corrispondenze sono strumenti fondamentali per lǝ studiosǝ e schiudono l’uscio del mondo interiore dell’autorǝ al lettorǝ appassionatǝ.

È opportuno leggere la corrispondenza privata, le confidenze, le esternazioni più intime di una persona? Ho letto numerose lettere per i miei studi (ricordo le divertenti lettere che Calvino indirizzava ad alcuni amici durante i primi anni universitari), ma per la prima volta ho letto un corpus esteso per puro diletto e mi è sorto il dubbio di compiere un’invadenza.

Sebbene molti dei racconti e degli scritti privati di Fenoglio siano divenuti parte di quello che Bufano definisce Fondo Tanaro e nel letto del Tanaro giacciano, le lettere raccolte e pubblicate abbracciano un periodo piuttosto significativo della vita di Fenoglio: dai primi anni universitari alla chiamata alle armi, dai primi contatti con gli editori alle sofferte corrispondenze che lo dividevano tra Einaudi e Garzanti, fino ai biglietti scritti in ospedale ai suoi affetti.

Le coordinate fornite dal curatore attraverso l’introduzione, le note ai testi e le appendici sono fondamentali per comprendere la portata della testimonianza offerta dalla raccolta e per orientare la lettura che richiede una conoscenza almeno parziale delle opere fenogliane.

Senza questo volume la mia frequentazione di Fenoglio scrittore probabilmente sarebbe rimasta circoscritta a La paga del sabato, I ventitré giorni della città di Alba, Una questione privata (entrambi letti più e più volte) e La favola delle due galline. Titoli più o meno noti a cui avevo già pianificato di aggiungere Il partigiano Johnny.

Leggendo ho sentito l’impulso di riprendere Una questione privata, leggere Primavera di bellezza, colmare un vuoto imperdonabile nella mia libreria: Una crociera agli antipodi e altri racconti fantastici.

E quindi compenso all'invadenza nella corrispondenza privata di Fenoglio è l'espansione del desiderio di leggere e della conoscenza dello scrittore e dell'uomo.

Altro aspetto interessante di Fenoglio scrittore, accanto alla risaputa «fatica nera», è il rapporto con gli editori: prendere accordi, rispettare promesse e clausole sono impegni che tormentano lo scrittore langhigiano e che, mi è parso, acuiscono la fatica della scrittura. È esemplare il bisticcio-pasticcio che triangola Fenoglio e i racconti di Un giorno di fuoco tra Einaudi, l’editore natale, e Garzanti, il nuovo editore.
Alla luce dei toni delle lettere e dalle parole scelte per rivolgersi ora a Calvino, ora a Vittorini e poi a Garzanti, ho rivalutato i rapporti che gli studi mi avevano spinto a supporre. Non è sempre stato un rapporto amichevole quello tra Fenoglio e Calvino, né è sempre stato ossequioso o conflittuale quello con Vittorini
Al di là della corrispondenza stilistica con i racconti della Resistenza, più o meno marcata, l’intimità e l’esposizione di sé sono quanto di più inedito unǝ lettorǝ possa trovare nelle lettere. Mi ha fatto sorridere una lettera del 1960 indirizzata a Livio Garzanti, in cui nel descrivere il lavoro su un nuovo racconto, Fenoglio scrive: «Il racconto ha un suo leit-motiv musicale nella celebre canzone americana Over the Rainbow, che costituisce [...] la sigla musicale del disgraziato, complicato amore letterario del protagonista Milton […] per Fulvia […]». È il germe del Partigiano Johnny. Mi chiedo se mai sarò in grado di leggerlo senza sentire la canzone che Fenoglio stesso suggerisce come colonna sonora.

Nella stessa lettera, senza troppo dispiacere, confessa anche di aver cestinato 22 capitoli già scritti di una storia in favore di quella di Milton che lo appassionava di più. Mi struggo all’idea di quante sue pagine siano andate perse.

Le lettere, le interviste e gli articoli in appendice restituiscono un ritratto emozionante e vivo di Fenoglio e forse mi posso perdonare per questa incursione nel suo privato. Al lettorǝ appassionatǝ piacerà la prospettiva che queste pagine offrono e verrà voglia, ne sono certa, di tornare presto a leggere i racconti fenogliani.

 



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