Titolo: Il giorno più bello della mia vita io non c'ero
Autore: Simone Bargiotti
Genere: Narrativa contemporanea/biografia
Sinossi:
Questo libro non è un romanzo. È la storia di una psicoterapia, ed è
dedicata a tutti i medici e professori- alcuni con tanto di cattedra
universitaria che si credono Dio e non hanno capito nulla di quello che è
successo. Perché un ragazzo di ventiquattro anni a un certo punto sta male?
Cosa è davvero successo nella sua vita? Quanto c'è di vero? Nulla, hanno fatto
presto a sentenziare questi signori, liquidando il tutto come "non
vero". E invece un fondo di verità esiste. Un perché. Una causa.
Recensione:
“Sì, vivi la tua storia.
Hai già sofferto abbastanza”.
Strano concetto del
“soffrire abbastanza”.
Dopo neanche due mesi sono stato ricoverato.
Questo
libro è una sorta di viaggio autobiografico che, tenta di analizzare nel
profondo quella che è stata la vita di un giovane (ora uomo), partendo da
dettagli basilari della sua esistenza, quali ad esempio, il rapporto con la
madre. Tra lui e sua madre si era creato
un corto circuito: andavano
sempre
meno d’accordo, tutto quello che faceva era sbagliato a priori, aveva deluso le
sue forti aspirazioni.
In
alcuni punti, la descrizione di questo legame madre/figlio è quasi
tragicomica:
“La vita è dura!” “La vita è una
fatica tremenda!”addirittura: “Tu fai una gran fatica a vivere, pensa se ce la
dai su quanto, ci guadagni!” Eh sì, credo che mia madre avesse davvero bisogno
di parlare con qualcuno, e anche bravo.
In un giorno del 2000 in cui ho
provato a ricucire un po’ i rapporti, sperando che per una
volta mia madre dimostrasse interesse alle cose che faccio, le
ho letto alcune pagine di Nietzsche, “Sull’utilità e il danno
della storia per la vita”. Il suo commento è stato pressapoco:
“Che assurdità scrivere un libro sul proprio passato! Ci
sono proprio dei cretini che non hanno niente da fare!”
Il
lettore sarà coinvolto, pagina dopo pagina, nel viaggio interiore di questo
giovane uomo, dei suoi dolori passati, dei suoi primi traumi d’amore. Mi ha
toccato da vicino il grido d’aiuto espresso dall’autore, in merito al mancato e totale impegno da parte della madre di porre rimedio al problema esistenziale
del figlio.
L’autore ha tentato, per l’intero romanzo, di
ricostruire i fatti cercando di pensare che probabilmente allora anche lei avesse i
suoi problemi. Ma se davvero vuoi bene a un figlio vai a fondo della questione
e ti prendi anche le tue responsabilità, questa è una delle verità espresse da
questo libro. Capirete quindi, il senso della frase “quando succedono
queste cose, le madri innocenti si dicono colpevoli, le madri colpevoli si proclamano
innocenti?”
Il
legame d’amore/odio con una madre ingombrante, a tratti ingiusta (lascia che il
fratello scelga il suo percorso di studi preferito, mentre costringe lui a una
facoltà che non ama affatto) è il cardine attorno a cui si sviluppa l’intera
vicenda. Il punto focale è che, se al protagonista fosse stata data la possibilità
di fare il Liceo Classico e poi Scienze della Comunicazione, sicuramente la
parola felicità avrebbe maggiormente riempito la sua esistenza.
L’obiettivo
di questo giovane uomo è stato quello di mettere nero su bianco tutta la sua
vita, al solo scopo di raccontare la sua completa riabilitazione, dopo gli
attacchi di panico e la paura (non motivata) di impazzire, di perdere la
struttura mentale. Gli è stato detto da anni che non può accadere, almeno non
in un giorno o in una settimana, come abbiamo visto nel corso della sua
storia c’è tutta una serie di segnali, non è, come dice il mio bravo analista,
un ictus cerebrale, non è improvviso.
“A volte mi sento davvero un soldato
sulle frontiere dello spirito. L’attacco di panico, una
cosa sconvolgente che può prendermi in qualsiasi momento,
magari proprio in quelli più delicati. Perché il problema più
dell’attacco in se, è l’ansia anticipatoria e il conseguente evitamento. L’ansia
che mi prende prima, e che poi mi porta ad evitare
le situazioni da cui non ho vie di fuga.”
Un
libro intenso, che con tutta probabilità potrà aiutare i lettori che abbiano vissuto (o stiano vivendo tuttora) quella sensazione
tanto complessa, definita come il mal di vivere. Alla fine, un libro come
questo potrebbe dar loro lo stimolo necessario per compiere il grande salto,
e perché no prendere quell’aereo per la California (lo stesso tanto agognato
dall’autore).
Alla prossima e buona lettura, come sempre.
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