Pubblicato quando Parise aveva
appena vent’anni, Il ragazzo morto e le
comete non riscosse alcun successo. Eppure, a mio avviso, è ancora oggi (o
forse, soprattutto oggi) un romanzo
sorprendente per la spontaneità e l’ardore dei sentimenti e per il racconto
spensierato e insieme doloroso della guerra.
Titolo: Il ragazzo morto e le comete
Autore: Goffredo Parise
Nuova edizione: Neri Pozza - 12 maggio 2016 (edizione speciale)
Pagine: 201
Prezzo: cartaceo - € 14,90; ebook (Adelphi) - € 8,99
Trama
Pubblicato per la prima volta nel 1951 presso Neri Pozza, "Il ragazzo morto e le comete" - "un libro lirico e cubista (cioè romantico) sull'amicizia tra due ragazzi, al tempo dimenticato del tramonto e della fine dell'Occidente", come ebbe a scrivere Parise - sorprese critica e pubblico al suo apparire per il carattere fortemente innovativo della sua prosa e della sua struttura narrativa. È la storia di un ragazzo fisicamente morto ma "non morto del tutto" che rivive tra sogni e incubi la sua giovinezza in una piccola città in disfacimento. Ed è la storia del suo amico Fiore che non smette di cercarlo per un ultimo saluto, sino a rintracciarlo, prima di perderlo per sempre in una notte di nevischio in riva al mare. Un romanzo di "geniale impurità... sospeso tra storia e fiaba, incanto e grottesco, allucinazione e macabro, vita e morte"
***
«[…] essi sono pure immagini; che sempre illudono e sempre deludono.
Ombre. Il ricordo dei padri».
In una città veneta il ragazzo di quindici anni vive il primo
dopoguerra rimpiangendo la spensieratezza che sembra essere finita insieme alla
guerra. Il mondo in cui si muove il ragazzo di quindici anni (questo è il solo
modo con cui ci è dato conoscere il protagonista) è pervaso da una sottile
inquietudine, accentuata da presenze minacciose e allo stesso tempo intriganti,
come Primerose e la madre di quest’ultima. Più densa è, invece, la malinconia
che percorre i paragrafi dedicati agli affetti del ragazzo di quindici anni:
figure, che pur nella loro eccentricità, appaiono luminose e vitali.
Accanto alla dimensione narrativa in cui il ragazzo di quindici anni è
ancora vivo, ma tende inevitabilmente verso la morte, se ne sviluppa una
seconda in cui il protagonista è morto ed è ricordato dagli amici Fiore e
Antoine.
Nel mondo del ragazzo di quindici
anni e dei suoi amici non sempre per i morti l’esistenza finisce perché non
hanno ancora finito di pensare e tornano ad abitare tra i vivi, godendo di quel
che gli rimane da vivere prima di scomparire del tutto. Proprio come vita e
morte non conoscono confini, dunque, la narrazione fa coesistere momenti
inconciliabili e passato e presente finiscono con il confondersi.
Leggere Il
ragazzo morto e le comete è difficile e non è semplice nemmeno
ricostruire una trama che renda, se non giustizia, almeno un’idea del romanzo.
Tuttavia, può essere soddisfacente per il lettore l’impegno e lo sforzo
compiuti per comprendere o almeno non perdersi nella visionarietà che, a più
livelli, caratterizza l’esordio di Parise.
L’accostamento dei piani temporali diversi si accompagna all’alternanza
delle voci narranti. La narrazione si svolge per lo più in terza persona, ma non
mancano parti in prima persona, in cui un personaggio interviene con monologhi
densi e sentiti, spesso rivolgendosi al lettore nel segno di una sovversione costante della regola.
I momenti che seguono da vicino le azioni del protagonista sono intrisi
dei suoi ricordi e dei suoi pensieri, tanto da dare l’impressione che sia egli
stesso a narrare le proprie vicende, quasi se ne fosse già allontanato. Se il discorso
indiretto caratterizza queste sequenze narrative, gli altri capitoli sono
dominati dal dialogo tra Fiore e Antoine. Il primo non riesce a rassegnarsi
alla perdita: alla mente ritornano le avventure in bicicletta e allo zoo, quando
ancora i tedeschi non lo avevano distrutto; le sigarette americane, le gambe
delle ragazze e i luoghi preferiti dal ragazzo di quindici anni. Antoine,
invece, è una guida e, insieme, una figura sfuggevole, avvolta da una malinconica
incapacità di rassegnarsi al disfacimento dei passati splendori e sempre
impegnata a cercare un ruolo da interpretare.
Quando il sole è rimasto in cielo per tutta la giornata non è possibile
pensare che un momento o l’altro tramonterà e ci sarà nebbia e gelo.
L’interpretazione del romanzo, pur essendo breve, è complessa,
richiederebbe di analizzare più aspetti dell’opera e, probabilmente, anche un
paio di riletture. Eppure, ha il pregio di ripagare il lettore regalandogli scene potentemente liriche che
riequilibrano la vertigine del surrealismo.
Se la riflessione sulla morte e sul suo rapporto con la vita, pur non chiudendosi
a una lettura univoca, è immediata, è proprio la descrizione di un mondo in
parte assurdo a garantire suggestione al racconto e la possibilità di celare al
suo interno molteplici riferimenti.
Personalmente, per esempio, non ho trovato secondario il richiamo alla realtà storica vissuta
non solo dai personaggi del romanzo ma dallo stesso autore, sebbene la
narrazione sembra volersi sottrarre a essa in ogni modo. Il dopoguerra, diversamente
ma non meno della guerra, non è un tempo facile da vivere e il suo superamento onirico
rappresenta, nella scrittura di Parise, l’unica possibilità di affrontarlo.
«Ormai soltanto l’assurdo è la speranza, l’estrema salvezza».
La visionarietà di alcune scene rappresenta l’unico modo per dare
senso e per sopravvivere a un tempo esso stesso assurdo. E così, il romanzo
diventa un’ampia metafora della scrittura che, attraverso l’immaginazione, concede
speranza.
Al di dell’ardita costruzione e del rifiuto di modelli più classici, che
preservano ancora l’originalità dell’esordio di Parise, Il ragazzo morto e le comete rimane il racconto della purezza
struggente dell’amicizia tra due ragazzi.
«Piova o sole il diavolo si pettina»
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