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Recensione: Le madri non dormono mai - Lorenzo Marone


LE MADRI NON DORMONO MAI
di Lorenzo Marone
Einaudi | Stile Libero Big | 352 pagine
ebook €9,99 | cartaceo €18,50
10 maggio 2022

Un bambino, sua madre. Due vite fragili tra altre vite fragili: donne e uomini che passano sulla terra troppo leggeri per lasciare traccia. Intorno, a contenerle, un luogo che non dovrebbe esistere, eppure per qualcuno è perfino meglio di casa. Lorenzo Marone scrive uno struggente romanzo corale, un cantico degli ultimi che si interroga, e ci interroga, su cosa significhi davvero essere liberi o prigionieri. Diego ha nove anni ed è un animale senza artigli, troppo buono per il quartiere di Napoli in cui è cresciuto. I suoi coetanei lo hanno sempre preso in giro perché ha i piedi piatti, gli occhiali, la pancia. Ma adesso la cosa non ha più importanza. Sua madre, Miriam, è stata arrestata e mandata assieme a lui in un Icam, un istituto a custodia attenuata per detenute madri. Lì, in modo imprevedibile, il ragazzino acquista sicurezza in sé stesso. Si fa degli amici; trova una sorella nella dolce Melina, che trascorre il tempo riportando su un quaderno le «parole belle»; guardie e volontari gli vogliono bene; migliora addirittura il proprio aspetto. Anche l’indomabile Miriam si accorge con commozione dei cambiamenti del figlio e, trascinata dal suo entusiasmo, si apre a lui e all’umanità sconfitta che la circonda. Diego, però, non ha l’età per rimanere a lungo nell’Icam, deve tornare fuori. E nel quartiere essere più forte, più pronto, potrebbe non bastare.

La mia recensione
Le madri non dormono mai è una storia piena. Tra le sue pagine trovate amicizia, crescita, amore materno, ma anche il dolore per una vita che non sembra poter migliorare, per quel figlio che non merita di crescere in quel contesto, la paura che una volta fuori tutto torni com'era e che il futuro non sia affatto roseo. 

Diego lo incontriamo che è appena entrato con la madre Miriam in un Icam, un acronimo strano che sta per Istituto a custodia attenuata per detenute madri. Un carcere in cui le detenute possono tenere con sé i figli piccoli. 

Miriam è stata infatti arrestata per aver aver aiutato il marito e ora dovrà restare chiusa lì per diversi anni. Diego è già grandicello ma fuori non ha nessuno e per il momento resterà con lei. Nell'Icam Miriam entra a muso duro, pronta a diffidare di tutti, detenute e personale. Diego invece rinasce, da bimbo timido e maldestro, vittima dei bulletti di quartiere, qui in istituto scopre una nuova dimensione e un nuovo sé stesso. E qui dentro di volta in volta incontreremo tutti gli altri personaggi che fanno da contorno alla loro vicenda, uomini, donne e bambini che per un motivo o per l'altro conosceranno Diego e saranno trascinati dal suo entusiasmo e dal suo nuovo modo di guardare il mondo fuori e dentro le sbarre.

Sono entrata in questo libro in punta di piedi, temendo un po' l'argomento e il non riuscire a empatizzare con i suoi protagonisti. Invece questo romanzo mi è entrato nel cuore e posso oramai ben dire che è uno dei preferiti dell'autore.
Diego è di per sé un protagonista semplice ma efficace, un bambino grande e grosso che però deve ancora scoprire i propri confini e con essi il meccanismo del mondo. All'interno dell'Icam Diego capisce com'è avere degli amici, come andare a scuola e non avere paura, come si fa a giocare con gli altri senza temere che qualcosa di brutto accada, nonostante quel cuore che fa i capricci. Diego scopre com'è essere bambino e essere felice di esserlo. 

Miriam accanto al figlio non sa più che pesci prendere. Oh quanto l'ho adorata. Testarda e aggressiva, pronta a chiudersi nel suo bozzolo e a tenere tutti fuori, a bastare a sé stessa e a Diego. Miriam è bella ma è anche conscia di quanto sia brutto il mondo là fuori e diffida di conseguenza anche di quello protetto dell'Icam. Ma è proprio grazie al figlio che inizia a vedere chi le sta intorno con altri occhi, a cercare di conoscerli e di capirli, di stringere la mano di Greta, di occuparsi della piccola Melita e di raccontare di sé ad Anna. 

È difficile parlare di tutti i personaggi, sono molti eppure non ho avvertito confusione nel gestirli, anzi l'autore ha saputo concatenarne le storie in maniera semplice ma perfetta, dandoti la sensazione quasi di una grande famiglia. 
È un romanzo corale questo, in cui ognuno ha il suo spazio, il suo momento, la sua storia. Sono vite difficili quelle raccontate, fatte di tante privazioni e di amore dato col contagocce. Vite in cui capisci che il carcere a volte è fisico, fatto di muri e sbarre, di un cortile riarso e di erbacce che trovano una crepa per spuntare fuori e fiorire nonostante tutto; altre il carcere è la fuori, nel mondo quotidiano in cui siamo costretti a vivere e ad andare avanti; ma sempre più spesso il nostro carcere ce lo costruiamo intorno, mattone dopo mattone e quando il muro è troppo alto non sappiamo più che fare.
Ma è anche un romanzo fatto di piccole cose belle. Una festa di compleanno, la passeggiata al parco, il primo giorno di scuola, una parola bella che ti rotola sulla lingua e ti fa spuntare il sorriso sulle labbra. 

Il finale vi ucciderà. Ve lo dico, se state per leggerlo prendete una confezione XL di fazzoletti perché quelle ultime pagine saranno un colpo al cuore. Io non me lo aspettavo, avevo fatto 1001 ipotesi ma a questa non avrei mai pensato. Sono ancora lì con l'anima su quel ciglio di strada a scuotere la testa e a cercare di non pensare a Miriam, a Melita e a tutti gli altri. 

Voto

Alla prossima


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