Titolo: La fortezza del Kalimegdan
L’autore: Stefano Terra
Editore: Gammarò/Oltre edizioni
Pagine: 214
Uscita: 20 maggio
Sinossi: La fortezza del Kalimegdan di Stefano Terra, romanzo originariamente uscito per l’editore Bompiani nel lontano 1956, è imperniato sulla ricerca, da parte di un giornalista, Ferrero, di un uomo, Giovanni Brua, scomparso nel pieno della Seconda guerra mondiale, ma della cui morte non si hanno notizie certe. A ingaggiarlo nella ricerca è la moglie Anna, la quale ha il sospetto che il marito sia ancora vivo. Ferrero, chiaramente alter ego dell’autore, legato alla donna dal ricordo di un amore giovanile, inviato speciale di un quotidiano torinese, sempre in giro per il mondo, in particolare nei Balcani e in Medioriente, al momento rinuncia, ma poi, di fronte alla prospettiva di fare il topo di redazione, che detesta, accetta. Si propone così come inviato a un altro quotidiano, con la scommessa di prendere idee seguendo proprio le tracce del Brua da quando, ufficiale dell’esercito italiano in Albania, oppositore del fascismo e di quella guerra assurda al fianco dei tedeschi, dopo l’8 settembre si era dato alla macchia. Le tracce di Brua porteranno Ferrero nei luoghi che hanno visto lo stesso Terra passare, prima come fuoriuscito e poi come giornalista. E anche le avventure saranno le stesse vissute dallo scrittore. Naturalmente, si viaggia molto con Terra, in questo romanzo: Grecia, Egitto, Palestina, Serbia, appunto, e lo si fa nel bel mezzo della Storia con la S maiuscola. Per altro, attraverso questa si scopre il complesso lavoro dei giornalisti, necessario a quei tempi per raccogliere, scrivere e, soprattutto, inviare le corrispondenze ai propri giornali in patria. Non era come oggi, dove tutto è più semplice con un pc o uno smartphone: allora bisognava trovare un telefono, e non era facile, contenderlo ai colleghi per dettare il “pezzo” ai dimafonisti o agli stenografi, oppure scrivere il pezzo con la macchina da scrivere su fogli di carta da infilare in una busta e, solo se non ci fosse una certa urgenza spedirlo per posta al giornale (i pezzi di colore, i reportage, avevano questa procedura, al contrario di quelle che dovevano essere le “ultime notizie”, che erano sempre quelle di uno o due giorni prima, comunque non in tempo reale come adesso).
La fortezza del Kalimegdan (anche se sarebbe stato più esatto chiamarla del Kalemegdan), che dà il titolo al romanzo di Stefano Terra si trova a Belgrado o, meglio, a Stari Grad, un comune facente parte dell’area metropolitana della capitale serba. Costituisce una sorta di cittadella, nucleo storico dell’antica Belgrado, circondata da imponenti mura risalenti al 535 per opera dell’Imperatore Giustiniano I, e da un parco, posto in cima alla collina della Šumadija, a 125 metri di altezza, affacciata sulla cosiddetta ‘Grande isola della guerra’ (Veliko ratno ostrvo) posta alla confluenza della Sava e del Danubio. Aver dato questo titolo al romanzo è stato un vezzo di Stefano Terra che credeva nel potere evocativo dei nomi delle persone e dei luoghi nei titoli dei suoi romanzi. Da qui Alessandra, Le Porte di Ferro, Albergo Minerva, Il principe di Capodistria e, dunque, anche La fortezza del Kalimegdan. Aveva in testa anche un romanzo, che non è mai stato scritto e del quale aveva, però, già il titolo: Il fiume Giordano. E questo vezzo lo usava anche se l’appiglio con la storia che raccontava era assai tenue o, come nel caso de La fortezza del Kalimegdan, ha solo un valore metaforico relativo alla città di Belgrado, dove l’avvincente storia che lo scrittore racconta ha il suo epilogo. (dalla prefazione di Diego Zandel)
Biografia:
"Sono nato nel '17 a Torino. Provavano i motori degli idrovolanti in grandi capannoni vicino al Po. Dal fronte mio padre mandava lettere dannunziane a mia madre che non le capiva e doveva cucire in casa le asole un tanto la dozzina. Negli anni Trenta eravamo alcuni ragazzi avventurieri fra i libri rubati nelle biblioteche o stanati nei depositi per il macero. Cesare Pavese e Ginzburg più anziani e seri ci consideravano delle teste accese pericolose. Uno studente lituano ci traduceva Trotzski. Delle ragazze ebree che avevano fatto il liceo, (quello vero, che per noi irregolari pareva un tempio misterioso) ci prestavano dei libri rilegati che sapevano di chanel: Dedalus, Oblomov, I demoni. Andavamo a vedere i film di Carné alle due del pomeriggio per essere soli. Anni di manifesti rivoluzionari, riunioni segrete, amori di tutta una vita, casti come la cospirazione. Dopo tanti complotti facemmo scoppiare una bomba di carta durante un'adunata oceanica. Qualcuno di Giustizia e Libertà venne dalla Francia per un incontro segreto. La guerra ci disperse. Mobilitato per l'Albania, riuscii nel '41 a raggiungere gli antifascisti al Cairo. Collaborai a Masses. New Leader pubblicava Morte di Italiani, i miei primi racconti, e poi usciva il mio romanzo, La generazione che non perdona, mentre Rommel si attestava a El Alamein e nel cortile dell’ambasciata britannica si bruciavano i cifrari. Scomparso Enzo Sereni, liquidato il Politecnico di Vittorini, espatriai nel dopoguerra come giornalista. Parigi e poi, per 25 anni, Balcani e Levante: interviste, guerriglie, pronunciamenti. Liquidavo. Liquidavo ogni giorno la vita con un pezzo per il giornale. Alcuni anni fa, di colpo, ho ricominciato a scrivere abbandonando il mestiere. E ho scritto La fortezza del Kalimegdan e, dopo qualche anno, Calda come la colomba. Vivo in una casa dell'Attica con eucalipti, vigna adagiata sull'argilla, gatti dalla testa piccola e le volpi all'imbrunire."
Titolo: Perché fermare i nuovi OGM
Autori: Francesco Paniè e Stefano Mori
Editore: Terra Nuova edizioni
Uscita: Maggio 2024
Sinossi: «Con la falsa pretesa che si tratti di biotecnologie meno invasive, un blocco di interessi consolidati tenta di far passare una supposta equivalenza tra prodotti di laboratorio e piante coltivate nei campi» scrivono Francesco Paniè e Stefano Mori nel libro “Perché fermare i nuovi OGM”, novità editoriale di Terra Nuova edizione.
Il libro arriva proprio appena dopo il primo trapianto in Italia (in provincia di Pavia, il 13 maggio) di un campo con riso NGT, le cosiddette New Genomic Techniques, cioè i nuovi OGM.
“Perché fermare i nuovi OGM” guida alla comprensione di ciò che sta accadendo, è un accurato di inchiesa e analisi che svela retroscena, pericoli e interessi.
Dopo il fallimento degli Ogm di prima generazione, raccontato nel primo capitolo, «si tenta oggi di aggiornare la narrazione, promettendo nuovi Ogm indistinguibili (a detta delle lobby) dai prodotti dell’agricoltura contadina, e che si vorrebbe quindi far arrivare sulle nostre tavole senza più valutazione del rischio, né tracciabilità né etichettatura, oggi obbligatorie per legge» spiegano gli autori.
Il secondo capitolo smonta ogni pezzo «di questa grande menzogna, che ha lo scopo di radere al suolo il principio di precauzione, realizzando appieno il sogno di imprese multinazionali, governi conniventi e biotecnologi in cerca di gloria e finanziamenti» si legge nell’introduzione del volume. Il terzo capitolo è dedicato «a raccontare l’evoluzione che le scienze della vita stanno attraversando, in un tentativo di estendere il dominio sui sistemi alimentari dichiarando l’uguaglianza tra natura e tecnica, tra biotecnologia e agroecologia, secondo una filosofia dell’indistinzione scippata ai movimenti sociali e reinterpretata in chiave estrattiva. Una “santa alleanza”, quella tra scienza e capitale, che vediamo espressa plasticamente nel sistema dei brevetti, il pilastro attorno al quale ruota la possibile deregulation dei nuovi Ogm».
Quarto e quinto capitolo analizzano «la storia, la filosofia e la modalità con cui il brevetto consente l’appropriazione e la privatizzazione della biodiversità agricola e del cibo. La strategia mira a trascinare i contadini sotto l’influenza di un’industria sementiera che, per sostenere la propria continua espansione, non si fa scrupoli a scaricare sulla collettività i rischi di tecnologie pericolose e imprevedibili».
«Che fare, dunque, di fronte a questo mostro silenzioso che trasforma in merce ogni forma di vita, azzannando ogni spazio di autonomia e sputandoci in faccia le scorie?» si chiedono gli autori.
Nel sesto e ultimo capitolo vengono descritte «sul fronte delle pratiche e su quello della lotta politica, le strade che portano verso direzioni emancipative» e che vedono i due co-autori impegnati nel Centro Internazionale Crocevia, che da decenni si batte per queste cause.
Si apre dunque una finestra di conoscenza sulle pratiche agroecologiche portate avanti dai contadini di cinque continenti e sulla loro battaglia per ottenere quadri normativi globali coerenti, tesi ad affermare i diritti collettivi a conservare, riutilizzare, scambiare e vendere le proprie sementi e a contrastare la brevettazione del vivente.
«Abbiamo voluto scrivere questo libro per dare una voce sul tema dei nuovi OGM a chi subirà le conseguenze più pesanti di queste tecnologie - spiega Stefano Mori, coordinatore del Centro Internazionale Crocevia - La mancanza di informazione sui nuovi OGM rischia di impedire alle persone di conoscere il peso di una possibile deregolamentazione di organismi geneticamente modificati che finirebbero nei loro piatti e nei campi degli agricoltori. Non possiamo permetterlo. Da decenni difendiamo l'agroecologia contadina e la sovranità alimentare e attraverso le loro voci abbiamo raccontato quali sono i problemi dei nuovi OGM e quali sono le soluzioni alle conseguenze dei cambiamenti climatici dall'ottica dei movimenti di tutto il mondo».
«Il libro tiene insieme diversi elementi - dettaglia Francesco Panié, responsabile della comunicazione di Crocevia - Intrecciamo il racconto dell'evoluzione storica nel campo della modificazione genetica, con un piano di analisi delle politiche e di denuncia delle relazioni tossiche tra multinazionali, istituzioni e scienziati. Ma oltre a sviluppare la critica, proviamo anche a offrire degli spunti per cercare altre strade, che portino verso l'agroecologia e i diritti dei contadini alle sementi, fermando la brevettazione del vivente e la contaminazione dei campi e dei corpi».
Gli autori:
Stefano Mori è coordinatore del Centro Internazionale Crocevia e del Segretariato del Comitato Internazionale di Pianificazione per la Sovranità Alimentare (IPC). Dottorando di ricerca in sociologia rurale all’Università della Calabria, si occupa di politiche agricole a livello globale e nazionale.
Francesco Paniè è giornalista ambientale e campaigner per il Centro Internazionale Crocevia. Si occupa di politiche agricole, del cibo, della biodiversità e di supporto ai movimenti sociali per la sovranità alimentare.
Titolo: Il sogno di Ralph
Autore: Luciana Volante
Illustratrice: Stefania Franchi
Editore: NPS Edizioni
Genere: Fantasy per ragazzi
Pagine: 190
Uscita: 20 maggio 2024
Sinossi: Ralph ha un sogno: diventare una delle renne che guidano la slitta di Babbo Natale, ma per ottenere il posto tanto desiderato dovrà stringere amicizia con un cucciolo d’uomo. Come farà, se non ne ha mai conosciuto uno?
Con l’aiuto di Trick, l’elfo magico, affronterà numerosi pericoli per aiutare la piccola Ingrid a ritrovare i suoi genitori, prigionieri del perfido Generale Work. La sua generosità andrà oltre ogni immaginazione, ma l’aiuto di tutti sarà fondamentale.
Una storia di avventura per comprendere come l’amicizia porti a risultati sorprendenti.
Biografie:
Luciana Volante, un’infanzia con la valigia sempre pronta, per approdare infine in Toscana. Bacchettata su grammatica e temi d’italiano, il risultato non poteva che essere quello di un agente di viaggio con il romanzo in tasca.
Momenti liberi che diventano sempre più rari essendo mamma a tempo pieno e vicepresidente
dell’associazione Nati per Scrivere. Condizioni tuttavia stimolanti per la fantasia che trovano spazio
nelle sue storie.
Ha scritto vari racconti, riuniti in antologie, il libro per bambini “Il pastore di alberi” e il romanzo
“Perla di mare”, entrambi editi da NPS Edizioni.
Stefania Franchi, nata il 23 dicembre del 1985, ama la musica, il cinema, la letteratura fantastica e il disegno, la sua più grande passione. Disegna fin da quando ha memoria, frequenta corsi di pittura e grafica.
La sua passione per l’arte visiva ha avuto parecchie sfaccettature: dalla realizzazione di quadri e lavori artigianali, a caricature e disegni per partecipazioni matrimoniali, fino alle illustrazioni per libri.
Titolo: Le malattie autoimmuni
Autore: Paolo Giordo
Editore: Terra Nuova Edizioni
Genere: Salute naturale - Curarsi con il cibo
Collana: Salute
Pagine: 156
Pubblicazione: 05/2024
Sinossi: Le malattie autoimmuni costituiscono oggi un vero e proprio problema di salute pubblica, per la grande diffusione che stanno registrando. L’alimentazione e i giusti integratori possono fare moltissimo per la prevenzione e anche per affrontare la malattia quando si manifesta.
Ce lo spiega in questo libro il dottor Paolo Giordo, che in modo chiaro e puntuale fornisce informazioni preziose sui regimi alimentari da seguire, sull’impatto che gli alimenti hanno sulle differenti patologie autoimmuni e sul funzionamento del nostro sistema immunitario.
Giordo prende anche in esame le singole patologie, una per una, dedicando poi un’ampia trattazione anche all’importanza degli integratori vitaminici, dei minerali e dei funghi medicinali.
L'autore: Paolo Giordo, medico, specializzato in neurologia, omeopata ed esperto di nutrizione e alimentazione naturale, ha approfondito anche gli studi in fitoterapia, bioenergetica, medicina ayurvedica, psico-oncologia e terapia Gerson. È inoltre laureato in filosofia.
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