Titolo: Grammamanti. Immaginare futuri con le parole
Autorə: Vera Gheno
Editore: Einaudi - 2 aprile 2024
Pagine: 160
Prezzo: ebook - € 8,99; cartaceo - € 15,00
Le parole sono centrali nelle nostre vite e dischiudono infinite opportunità. Per questo dovremmo instaurare con loro una vera e propria relazione amorosa, sana, libera, matura. Perché le parole ci permettono di vivere meglio e ci danno la possibilità di cambiare il mondo. Chi può definirsi grammamante? Chi ama la lingua in modo non violento, la studia e così comprende di doverla lasciare libera di mutare a seconda delle evoluzioni della società, cioè degli usi che le persone ne fanno ogni giorno parlando. Essere grammarnazi significa difendere la lingua chiudendosi dentro a una fortezza di certezze tanto monolitiche quanto quasi sempre esili; chi decide di abbracciare la filosofia grammamante, invece, non ha paura di abbandonare il linguapiattismo, ossia la convinzione che le parole che usiamo siano sacre, immobili e immutabili. Perché per fortuna, malgrado la volontà violenta di chi le vorrebbe sempre uguali a loro stesse, le parole cambiano: alcune si modificano, altre muoiono, ma altre ancora, nel contempo, nascono. E tutto questo dipende da noi parlanti: non c’è nessuna Accademia che possa davvero prescrivere gli usi che possiamo farne; siamo noi a deciderlo e permettere il cambiamento. È tempo di smettere di essere grammarnazi e tornare ad amare la nostra lingua, apprezzandola per quello che davvero è: uno strumento potentissimo per conoscere sé stessi e costruire la società migliore che vorremmo.
Le parole sono centrali nelle nostre vite e dischiudono infinite opportunità. Per questo dovremmo instaurare con loro una vera e propria relazione amorosa, sana, libera, matura. Perché le parole ci permettono di vivere meglio e ci danno la possibilità di cambiare il mondo. Chi può definirsi grammamante? Chi ama la lingua in modo non violento, la studia e così comprende di doverla lasciare libera di mutare a seconda delle evoluzioni della società, cioè degli usi che le persone ne fanno ogni giorno parlando. Essere grammarnazi significa difendere la lingua chiudendosi dentro a una fortezza di certezze tanto monolitiche quanto quasi sempre esili; chi decide di abbracciare la filosofia grammamante, invece, non ha paura di abbandonare il linguapiattismo, ossia la convinzione che le parole che usiamo siano sacre, immobili e immutabili. Perché per fortuna, malgrado la volontà violenta di chi le vorrebbe sempre uguali a loro stesse, le parole cambiano: alcune si modificano, altre muoiono, ma altre ancora, nel contempo, nascono. E tutto questo dipende da noi parlanti: non c’è nessuna Accademia che possa davvero prescrivere gli usi che possiamo farne; siamo noi a deciderlo e permettere il cambiamento. È tempo di smettere di essere grammarnazi e tornare ad amare la nostra lingua, apprezzandola per quello che davvero è: uno strumento potentissimo per conoscere sé stessi e costruire la società migliore che vorremmo.
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Io sono una grammamante, sono in grado quindi di grammamare, e questa è la storia di come lo sono diventata.
Grammamanti parla d’amore con un’intensità che trascende le pagine: mi sono innamorata, commossa, riconosciuta, tanto che ho rallentato la lettura cercando di non arrivare all’ultima fatidica pagina. È un desiderio che ho provato con tanti libri, ma mai, prima d’ora, con un saggio.
Grammamanti è un testo divulgativo che si sviluppa in quattro capitoli, ciascuno dedicato a una storia d’amore. Sono teorie linguistiche, ricerche antropologiche, esperienze personali che Gheno trasforma in una narrazione coinvolgente ed emozionante, rendendo accessibili tematiche scientifiche e trasmettendo una prospettiva appassionata e affettuosa.
Con la prima storia, forse la più delicata, Gheno ci conduce a un momento lontano nel tempo e irraggiungibile: l’origine della parola. Come e perché l’essere umano ha iniziato a parlare? Un mistero affascinante a cui molte teorie, con nomi creativi (la pooh-pooh theory, la ye-he-ho theory, la la-la theory), hanno cercato di rispondere. Gheno si sofferma, però, sulla storia di madri diventate da poco bipedi, con la necessità di muoversi e avere le mani libere. Spinte a placare il pianto del neonato, disperato dalla novità di non essere più tra le braccia materne, le madri avrebbero iniziato a sostituire il contatto epidermico con quello vocale, utile poi, in un’altra fase dell’educazione per controllare e istruire il bambino.
La lingua, insomma, potrebbe essere emersa grazie a una delle forme più pure d’amore che esistono, quello di una madre per un figlio.
È la putting down the baby theory dell’antropologa Dean Falk, secondo la quale l’amore è alla base della conquista della parola. Il racconto successivo ci permette di scoprire che l’amore è fondamentale anche per l’evoluzione individuale: sono gli atti relazionali di parola, infatti, che ci insegnano a sviluppare la facoltà del linguaggio.
Dall’origine della facoltà linguistica a livello di specie, Gheno prosegue esplorando il complesso e sfaccettato rapporto che ciascuno di noi sviluppa con la lingua, mettendo in evidenza anche la sua dimensione politica.
Conoscere come nasce una lingua, come si evolve, adattandosi alla realtà, alle trasformazioni sociali e culturali, o come muore, scrive Gheno, permette di comprendere che è una materia viva, dinamica, mai data una volta per tutte e di trasformare il nostro rapporto in amore.
L’analisi condotta da Gheno mette in luce quanto sorprendente sia il dispositivo linguistico: le parole ci permettono di raccontare e conoscere il mondo, di conoscere le altre persone e, comprendendoli con il tempo sempre più a fondo, capire le loro parole con maggiore precisione e sensibilità. Accanto a un’enciclopedia linguistica condivisa, infatti, ogni persona possiede un patrimonio linguistico unico e irripetibile. La lingua è al contempo un bene personale e collettivo ed è proprio per questo motivo che ogni scelta linguistica comporta delle conseguenze: «le nostre azioni comunicative sono gocce che cadono in uno specchio d’acqua; anche la più trascurabile incresperà la superficie».
È un’immagine che permette di comprendere con immediata chiarezza che le parole non sono mai soltanto parole e non sono mai neutre. La lingua è politica, attraverso di essa partecipiamo alla società e attraverso di essa vengono dati significato e forma ai diritti, ai doveri, alle leggi. Non è forse evidente come la lingua, quindi, non possa essere separata dalle ideologie che la plasmano?
In tutte le storie del saggio c’è traccia di amore, un amore che a volte è tossico, come succede quando la lingua viene limitata per esercitare controllo e oppressione, e altre volte è amore passionale e spirituale. È l’amore che ha reso Vera Gheno una grammamante, come racconta nell’ultima storia, la sua personale. In un certo senso, si diventa grammamanti allargando lo sguardo sull’esperienza linguistica, ripensando al proprio patrimonio linguistico e pensando a tutti i contatti, a tutte le passioni che lo nutrono, lo trasformano, evitando il rischio di trascurare gli aspetti che rendono la lingua un sistema vitale.
Grammamanti è la storia d’amore tra l’essere umano e la lingua, una relazione che Gheno racconta con passione e lucidità, invitandoci a diventare grammamanti e a offrire alla lingua un amore libero, maturo e necessario per la sua evoluzione e per la sua vita.
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