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Recensione: AVRÒ CURA DI TE di Massimo Gramellini e Chiara Gamberale

Titolo: Avrò cura di te
Autori: Massimo Gramellini e Chiara Gamberale
Editore: Longanesi
Pagine: 250
Prezzo: cartonato - € 16,00; flessibile - € 10,00; ebook - € 4,49

Trama
Gioconda detta Giò ha trentacinque anni, una storia familiare complicata alle spalle, un'anima inquieta per vocazione o forse per necessità e un unico, grande amore: Leonardo. Che però l'ha abbandonata. Smarrita e disperata, si ritrova a vivere a casa dei suoi nonni, morti a distanza di pochi giorni e simbolo di un amore perfetto. La notte di San Valentino, Giò trova un biglietto che sua nonna aveva scritto all'angelo custode, per ringraziarlo. Con lo sconforto, ma anche il coraggio, di chi non ha niente da perdere, Giò ci prova: scrive anche lei al suo angelo. Che, incredibilmente, le risponde. E le fa una promessa: avrò cura di te. L'angelo ha un nome: Filemone, ha una storia. Soprattutto ha la capacità di comprendere Giò come Giò non si è mai compresa. Di ascoltarla come non si è mai ascoltata. Nasce così uno scambio intenso, divertente, divertito, commovente, che coinvolge anche le persone che circondano Giò. Uno scambio che indaga non solo le mancate ragioni di Giò: ma le mancate ragioni di ognuno di loro. Perché a ognuno di loro, grazie a Filemone, voce dell'interiorità prima che dell'aldilà, sia possibile silenziare la testa e l'istinto. Per ascoltare il cuore. Anche e soprattutto quando è chiamato a rispondere a prove complicate, come quella a cui sarà messa davanti Giò proprio dal suo fedele Filemone, in un finale che sembrerà confondere tutto. Ma a tutto darà un senso.

***

«Va’ da lei, Filèmone. E restituiscile il senso del meraviglioso.» 

In una notte piena di disperazione Gioconda, detta Giò, scrive una lettera al suo angelo custode per chiedergli aiuto. Da due mesi Leonardo l’ha lasciata e l’incubo ricorrente che faceva da bambina è tornato a tormentarla: è la sua festa di compleanno e nessuno si presenta. Nemmeno l’unico invitato che conta davvero.
Giò non ha idea di cosa chiedere al suo angelo e non si aspetta certo di ricevere risposta, ma ha bisogno di crederci e così inizia uno scambio epistolare con Filèmone, il suo angelo custode.
Avrò cura di te è, a tutti gli effetti, una conversazione intima come un racconto scritto su un diario segreto, ma il dialogo tra un angelo e la sua anima non avrebbe potuto essere diverso. Filèmone è stato accanto a Giò fin da quando era una bambina, ma pur conoscendo ogni spigolo del suo carattere e ogni silenzio, lascia che sia lei a rivelarsi, ad aprirsi a poco a poco. La sostiene e la sospinge come si fa con un bambino che impara a trovare l’equilibrio sulla bici. 
Nonostante la grande pazienza di Filèmone (non a caso è un angelo), però, sempre più spesso le lettere sono terreno di scontro. Nel mare in tempesta che è la sua interiorità, nell’insicurezza che la domina, Giò ha una voce decisa, battagliera quando esprime le proprie ragioni, quando si oppone alle osservazioni e ai consigli del suo angelo con la a minuscola. Filèmone le tiene testa con parole lievi e al tempo stesso concrete: laddove Giò vuole, sogna e costruisce castelli di ideali, l’angelo è un’ancora. 

Non hai sbagliato. Sei andata avanti. A modo tuo, ma avanti.
E non sarà certo tornando indietro che riavrai quanto hai perduto.
Dovrai arrivarci da qualche altra parte.

F

«Tutto è sempre giusto e perfetto», scrive instancabile Filèmone a Giò che, altrettanto tenacemente, continua a rimpiangere il passato, quanto è stato e i propri errori. Tra le tantissime frasi da citare che si rincorrono tra le pagine, questa riassume uno dei messaggi per me più belli: anche lo sbaglio è perfetto, anche l’errore può insegnarci a trovare la nostra strada. Sbagliando si cresce, cadere insegna a rialzarsi e a restare in piedi.
Avrò cura di te è una promessa fatta a un’anima che ha bisogno di essere salvata dalle proprie ombre: scure, limacciose, ma allo stesso tempo tanto familiari da sembrare confortevoli. È la promessa di restare nei momenti più bui, di asciugare le lacrime, di spronare e spingere a ritrovare confidenza e fiducia. È l’impegno di insegnare a concentrarsi su se stessi, a non chiedere che gli altri ci forniscano forza, sostegno e alibi per i fallimenti. Avrò cura di te, sussurra Filèmone in una lettera e quello che vuole dire è: avrò cura di te affinché tu possa imparare ad avere cura di te stessa.

Io ti sussurravo: smetti di chiedere agli altri l’amore che non riesci a darti da sola, altrimenti continuerai a incontrare soltanto persone che non te sapranno dare. Ma tu eri troppo immersa nella prosa del mondo per ascoltarmi e mi costringevi ad assistere alle pantomime con cui mortificavi il tuo cuore. 

Se a Filèmone spetta il compito di ascoltare e guidare, l’umana curiosità spinge Giò a immaginare e indagare la vita del suo angelo che, d’altra parte, tende a essere restio a confidarsi. Certo, spiega e racconta, ma più spesso tace. È questo un aspetto interessante, un filo sottile che cattura l’attenzione.
È piacevole durante la lettura l’alternarsi delle due penne, quella della Gamberale che muove Giò e quella, immediatamente riconoscibile per i suoi lettori, di Gramellini nei panni di Filèmone. 
In Avrò cura di te mi è sembrato di cogliere l’eco de L’ultima riga delle favole, un romanzo del giornalista torinese che avevo molto apprezzato. Sulla base dei miei ricordi non penso che i due libri siano allo stesso livello. Non di meno credo che Avrò cura di te sia un libro che sa mettere la mano sul cuore. Quanto possa effettivamente lasciare dipende dalla personale disposizione del lettore.



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