Recensione: IL MONDO DEVE SAPERE di Michela Murgia

11/08/2019

copertina Il mondo deve sapere di Michela Murgia
Titolo: Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria
Autore: Michela Murgia
Prima edizione: Isbn Edizioni - 10 maggio 2006
Pagine: 161
Prezzo: cartaceo - € 12,00; ebook - € 6,11

Trama
Nel 2006 Michela Murgia viene assunta nel call center della multinazionale americana Kirby, produttrice del «mostro», l’oggetto di culto e devozione di una squadra di centinaia di telefoniste e venditori: un aspirapolvere da tremila euro. Mentre per trenta interminabili giorni si specializza nelle tecniche della persuasione occulta, l’autrice apre un blog, dove riporta in presa diretta l’inferno del telemarketing con le sue tecniche di condizionamento, le riunioni motivazionali, le premiazioni e i raggiri psicologici, i salari e i castighi aziendali. Divertente come una sitcom e vero come una profezia, Il mondo deve sapere riesce nel miracolo di indignare e far ridere. Perché a dieci anni di distanza dalla sua prima pubblicazione tutti devono sapere che, nel tritacarne del mondo del lavoro, poco o niente è cambiato.

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Camilla De Camillis. Michela Murgia. Protagonista e autrice condividono l’esperienza lavorativa come telefoniste in un call center di un’azienda che vende mirabolanti e costosissimi aspirapolveri e la scelta di raccontarla in un blog.
Romanzo e testimonianza autobiografica allo stesso tempo, Il mondo deve sapere rispetta l’aspetto e soprattutto la forma espressiva dei post pubblicati su internet. L’uso controllato e la scelta precisa delle parole, però, rendono evidente la consapevolezza della penna che vi è dietro. Così, anche l’espressione più gergale appare appropriata e incisiva.
Libro breve, da leggere in un’unica seduta, si caratterizza per un’ironia pungente che mitiga l’amarezza delle dinamiche psicologiche di un ambiente lavorativo che si regge sullo sfruttamento legalizzato.
Camilla-Murgia denuncia le sottili tecniche con cui l’azienda manipola i propri dipendenti affinché, a loro volta, siano capaci e motivati a raggirare i potenziali clienti.
Ma più che voler preparare il lettore a gestire la prossima conversazione telefonica indesiderata, Murgia descrive un sistema aziendale cannibalizzante sperando che chiunque vi finisca a lavorare sia in qualche modo più preparato e immune.
Gli sprovveduti, infatti, cadono prima nelle trappole dell’azienda: premi e gratificazioni offerte per i buoni risultati sono specchietti per allodole, che riconoscono la validità dei sistemi adottati («si possono fissare n appuntamenti in sole quattro ore, si può fare anche meglio – a patto di avere cuore») e sminuiscono il valore di coloro che non hanno raggiunto il traguardo prefissato.
Non si tratta, però, di innescare solo una fagocitante competitività tra colleghi, perché l’azienda è una grande famiglia e, come tale, richiede collaborazione, affetto e dedizione. Ciechi, verrebbe da aggiungere, perché ci sono precetti a cui ognuno deve attenersi quasi fossero i comandamenti di una nuova fede.
Saremo spiate.
L’oggetto si accenderà e mostrerà a Mamma-Hermann e a Papà-BillGheiz che cosa fanno le loro figliolette quando non ci sono loro.
Saremo le star del loro personale reality show. George Orwell era un ottimista.
Se fosse soltanto un romanzo, potremmo anche credere che si tratti di una distopia iperrealistica, un invito a restare in guardia. Non aspettatevi un’eroina a cui ispirarvi per alimentare le fantasie consolatorie: Camilla-Murgia, lo riconosce anche l’autrice nella postfazione del libro, tradisce la promessa di una ventura denuncia. Il mondo deve sapere, nelle cui pagine sono disseminate dichiarazioni di vendetta, è la testimonianza di una realtà con cui, con una certa rassegnazione, abbiamo imparato a fare i conti (e, malgrado tutto, non si tratta soltanto del precariato).



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