Titolo: Quando Primo Levi diventò il signor Malabaila
Autore: Carlo Zanda
Prima edizione: Neri Pozza - 27 giugno 2019
Pagine: 286
Prezzo: cartaceo - € 13,50; ebook - € 7,99
C’è un avvenimento nella vita di Primo Levi, quando per pubblicare un libro a cui teneva molto, il terzo, dovette rinunciare al suo nome in copertina e procurarsene un altro di facciata, che non è mai riuscito a conquistare l’interesse dei biografi e che forse, invece, merita un po’ più di considerazione, perché costituisce un crocevia esistenziale nella sua avventura umana. Non sappiamo in base a quali strategie personali Levi ritenne più giusto sostenere in pubblico di essere lui il responsabile dello «sbaglio», così lui stesso lo definiva, fatto con le "Storie naturali" decidendo di firmarle con un nome fasullo. Lo fece però contro ogni evidenza, in contrasto con la logica dei suoi interessi, dal momento che desiderava firmarlo, e smentendo l’evidenza di documenti scritti e le nitide testimonianze degli amici. Servendosi di documenti e dichiarazioni, Carlo Zanda ricostruisce il tortuoso percorso che ha portato uno dei più influenti scrittori italiani del Novecento a scegliere la strada dell’anonimato per la pubblicazione di un’opera in cui credeva molto e che desiderava firmare con il proprio nome. Un mistero che ad oggi non è mai stato risolto.
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Per tanti scrittori la scelta di uno pseudonimo è un vezzo, per altri è necessario per nascondere la propria identità. Né il primo né il secondo caso descrivono gli eventi che portarono Levi ad adottare un nom de plume per pubblicare Storie naturali. Nella sua ricostruzione Zanda prende in considerazione molti elementi, ma credo che uno su tutti sia fondamentale ed è il genere dei racconti. Non siamo abituati a pensare a Primo Levi come autore di racconti fantascientifici, ma nella vita fu anche questo.
A metà degli anni Sessanta, però, si presentavano due questioni: la prima, marginale ma rilevante, riguarda
la concezione della fantascienza, un genere relativamente giovane per l’Italia e considerato da buona parte della critica «paraletteratura»; la seconda, invece, era l’identità di Primo Levi.
Il pubblico lo aveva conosciuto grazie a Se questo è un uomo e La tregua, due opere memorialistiche considerate da subito fondamentali. Fu Roberto Cerati, allora direttore commerciale all’Einaudi, ad avanzare il dubbio che il ruolo di testimone non si sarebbe accordato facilmente a una scrittura percepita dai più come disimpegnata. In questo senso, rileggere il risvolto di Storie naturali è rivelatore perché, tentando di suggerire una lettura diversa dei racconti, apre alla possibilità che la fantascienza possa essere qualcosa di più del semplice intrattenimento. E comunque, il risvolto non parla mai esplicitamente di fantascienza.
All’indomani della pubblicazione di Storie naturali le reazioni critiche daranno ragione ai timori di Cerati, il quale propose a Levi non di nascondere la propria identità ma di rinunciare al proprio nome in copertina: la presentazione avrebbe reso chiaro chi fosse l’autore dei racconti.
Zanda racconta che Levi si prese del tempo per pensarci: era comunque una grossa rinuncia. E poi scelse Malabaila, un cognome piemontesissimo e denso di significati.
A lungo si credette, e Levi promosse attivamente questa idea, che fosse stata una volontà dell’autore, una forma di ritrosia. Fu altro: scoprirlo oggi e indagarne le ragioni raccogliendo, come fa Zanda, più punti di vista e tentando un’immedesimazione ci permette di recuperare un tassello importante della letteratura leviana e un frammento della nostra storia culturale.
Essendomi servita della biografia di Zanda per studio, ho un’unica e superabile osservazione critica: le note bibliografiche raccolte alla fine del libro sono scomode per il lettore che voglia rintracciare rapidamente le fonti. In generale, è una lettura interessante e alla portata di tutti.
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