Recensione: "Il morso della vipera" di Alice Basso (Anita #1)

10/05/2021

 

 Il morso della vipera
di Alice Basso
Anita #1
Garzanti Editore
302 pagine
€ 16,90 - Rilegato | € 12 - Brossura | € 9,90 - eBook

TRAMA
Il suono metallico dei tasti risuona nella stanza. Seduta alla sua scrivania, Anita batte a macchina le storie della popolare rivista Saturnalia : racconti gialli americani, in cui detective dai lunghi cappotti, tra una sparatoria e l'altra, hanno sempre un bicchiere di whisky tra le mani. Nulla di più lontano dal suo mondo. Eppure le pagine di Hammett e Chandler, tradotte dall'affascinante scrittore Sebastiano Satta Ascona, le stanno facendo scoprire il potere delle parole. Anita ha sempre diffidato dei giornali e anche dei libri, che da anni ormai non fanno che compiacere il regime. Ma queste sono storie nuove, diverse, piene di verità. Se Anita si trova ora a fare la dattilografa la colpa è solo la sua. Perché poteva accettare la proposta del suo amato fidanzato Corrado, come avrebbe fatto qualsiasi altra giovane donna del 1935, invece di pronunciare quelle parole totalmente inaspettate: ti sposo ma voglio prima lavorare. E ora si trova con quella macchina da scrivere davanti in compagnia di racconti che però così male non sono, anzi, sembra quasi che le stiano insegnando qualcosa. Forse per questo, quando un'anziana donna viene arrestata perché afferma che un eroe di guerra è in realtà un assassino, Anita è l'unica a crederle. Ma come rendere giustizia a qualcuno in tempi in cui di giusto non c'è niente? Quelli non sono anni in cui dare spazio ad una visione obiettiva della realtà. Il fascismo è in piena espansione. Il cattivo non viene quasi mai sconfitto. Anita deve trovare tutto il coraggio che ha e l'intuizione che le hanno insegnato i suoi amici detective per indagare e scoprire quanto la letteratura possa fare per renderci liberi. Dopo aver creato Vani Sarca, l'autrice torna con una nuova protagonista: combattiva, tenace, acuta, sognatrice. Sullo sfondo di una Torino in cui si sentono i primi afflati del fascismo, una storia in cui i gialli non sono solo libri ma maestri di vita.

LA MIA OPINIONE

Immaginate Torino, negli anni '30.
Lo so, questa partenza fa molto Midnight in Paris, ma era davvero perfetta.
Tornando a noi, pensate a Torino nel bel mezzo del Ventennio. Una città all'apparenza ordinata, in cui il crimine sembra essere stato debellato proprio come vuole il Duce e che poco alla volta sta aggiungendo qualche opera razionalista alla sua architettura.
Sotto questa apparente perfezione vive Anita Bo, una ragazza bellissima ed esuberante che da una mano nella tabaccheria dei genitori e non vede l'ora di sposarsi per sfuggire alla madre, sin troppo severa.
Ma è proprio quando il suo perfetto fidanzato Corrado, un ragazzo altrettanto bello e di buona famiglia, le propone di sposarlo, succede l'inaspettato: invece di dirgli di sì, gli risponde che prima di sposarsi ha voglia di lavorare per un po' e fare esperienza. Sì, proprio lei che non ha mai sfruttato il suo diploma da dattilografa, adesso desidera farlo.
Ed è così che grazie all'aiuto della sua migliore amica Clara e della sua ex insegnate Candida, si ritrova nella redazione di Saturnalia, una rivista mensile che pubblica racconti americani. 
Su Saturnalia si trovano racconti gialli, noir, polizieschi e perfino pulp, accompagnati però sempre da uno o due racconti tutti italiani, che hanno come protagonista il fascistissimo Commissario Bonomo.
È proprio con l'autore dei racconti di Bonomo, nonchè traduttore di tutti gli altri, che Anita deve lavorare a strettissimo contatto ogni giorno, dattilografando a più non posso. Sebastiano Satta Ascona le sembra inizialmente molto noioso e pieno di sé, ma proprio quando insieme a lui si ritrova ad assistere ad una donna che pubblicamente accusa un eroe di guerra di essere un assassino, non  può fare a meno di desiderare di voler sapere la verità su tutta la vicenda.
Ed è così che un po' per caso, ma soprattutto per sete di giustizia, proprio come i loro detective dei racconti, Anita e Sebastiano iniziano ad indagare, cercando delle verità che ormai sembravano perdute.

Se dovessi descrivere questo romanzo in un solo aggettivo, direi travolgente.
Alice Basso ha creato un romanzo che sin dalla prima pagina caapulta il lettore direttamente nel 1935, davanti alla sua Anita, una protagonista molto diversa da Vani Sarca, che conosco molto bene, ma altrettanto interessante.
Anita è da sempre stata convinta che non potrebbe desiderare più di quello che ha: è bella, viene da una famiglia benestante e ha un bellissimo fidanzato che ha occhi solo per lei. Eppure quando viene messa davanti alla prospettiva del matrimonio e della famiglia, si rende conto che vuole di più. È per questo che sceglie di lavorare. Certo però non si aspetta che il suo lavoro cambi ancora di più il suo punto di vista sulla vita.
Infatti è proprio lavorando ai racconti insieme a Sebastiano che Anita si scopre un'appassionata lettrice e che proprio il suo lavoro le da un grande potere, come donna ma anche come detective.

La lettura di questo romanzo è stata estremamente scorrevole, l'ho praticamente divorato in due giorni per tuffarmi sul seguito, Il grido della rosaAnche se il giallo che Anita e Sebastiano devono risolvere non è particolarmente originale, considero comunque questo romanzo un lavoro veramente molto buono. 
L'autrice ci permette di osservare la vita nel Ventennio attraverso gli occhi di una giovane donna a cui i panni della brava ragazza fascista stanno davvero stretti e che prova in tutti i modi a ritagliarsi il suo piccolo spazio di libertà.
Nel complesso quindi direi che è stata una buona lettura, che senza dubbio vi consiglio!




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