Autore: Massimo Gatta
Editore: Graphe.it Edizioni - 10 gennaio 2020
Pagine: 64
Prezzo: cartaceo - € 7,00
Cosa usate per tenere il segno, quando momentaneamente interrompete la lettura di un libro? Avete mai prestato davvero attenzione a quell'oggetto (biglietto del tram, fiore essiccato, laccetto di seta...) che vi permette di ritrovare il punto in cui vi eravate fermati? Fra il segnalibro d'emergenza (come la classica e vituperata "orecchia") e quelli pregiati, pensati come elementi da collezione, passa un mondo che non merita soltanto curiosità classificatoria, ma una considerazione che non è troppo definire filosofica; proprio con questo termine, infatti, l'autore - esperto degli aspetti paratestuali del libro - descrive il segnalibro come «un elemento filosofico prima ancora che materiale». Oltre alla puntualità della prospettiva storica, un ricco apparato di note e una nutrita bibliografia rendono questo saggio limpido e prezioso, mai pedante e tra i rarissimi contributi dedicati all'argomento. Con segnalibro abbinato.
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Indispensabile alla lettura, il segnalibro è forse il più comune e particolare tra gli ephemera che accompagnano il libro. Spesso mi è capitato di farne a meno, interrompendo la lettura solo alla fine di un capitolo o uscendo di casa con un libro da iniziare sul pullman e trovandomi a segnare la pagina con il biglietto o uno scontrino.
Contraria alle famigerate «orecchie», sono ben disposta a investire qualunque oggetto sia abbastanza sottile di un nuovo ruolo. Eppure ho una nutrita collezione di segnalibri, in carta, in metallo e persino papiro, rettangolari o di forme evocative e miniaturizzati.
D’altro canto è una raccolta che si è costituita quasi spontaneamente, lettura dopo lettura, come un fenomeno collaterale alla mia passione. Sono convinta che la maggior parte del lettore abbia segnalibri disseminati in ogni dove e alcuni siano rimasti tra le pagine di libri lasciati in disparte da anni, alla stregua di un fermo-immagine.
Il saggio di Gatta principia dal noto destino del segnalibro moderno e ne ricerca le tracce nella storia. Lo studioso accosta, alle manicule disegnate ai margini dei manoscritti e ai ritrovamenti materici più antichi, la rappresentazione artistica del segnalibro, sia essa pittorica o letteraria. Impossibile, allora, non pensare all’indice che Don Abbondio tiene nel brevario pur di non perdere il segno.
Come anticipato dal titolo, la trattazione di Gatta è un compendio degli studi sul segnalibro che risulta interessante anche per la sua capacità di portare l’attenzione su un dettaglio che, sottile come un nastro tra le pagine dei libri ritratti insieme a personaggi illustri, tende a passare inosservato.
Gatta non manca di arricchire il saggio con notizie e spunti che rimangono impressi: l’aneddoto divertente su un lettore goloso fa da contraltare a una riflessione misurata e aperta sul segnalibro elettronico.
Sebbene non sia un testo completo, offre informazioni valide e accurate note bibliografiche che consentono di risalire a opere, tra cui Il particolare superfluo di Chiabrando (Luni Editore, 2019) e altri scritti dello stesso Gatta, con cui approfondire la materia.
L’apparato iconografico, seppure non particolarmente copioso, non si limita ad accompagnare la parola, proponendosi infatti come un valido supporto all’analisi dell’oggetto.
Breve storia del segnalibro è una lettura stimolante che, certo, non fa in tempo ad annoiare e che risulterà interessante per coloro che, come me, si appassionano ai vezzi del libro, alle minuzie che tendono a essere smarrite e per loro natura transitorie.
Nel ringraziare Graphe.it edizioni per avermi omaggiato una copia del libro, mi riprometto e vi invito a consultare il loro catalogo: ho già trovato alcune parva sulla letteratura che mi incuriosiscono molto.
Nel ringraziare Graphe.it edizioni per avermi omaggiato una copia del libro, mi riprometto e vi invito a consultare il loro catalogo: ho già trovato alcune parva sulla letteratura che mi incuriosiscono molto.
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