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Recensione "NERO D'INFERNO" di Matteo Cavezzali


NERO D'INFERNO
di Matteo Cavezzali
Mondadori | Scrittori italiani e stranieri | 300 pagine
ebook €9,99 | cartaceo €19,00
10 settembre 2019 | scheda Mondadori

Trama
C'è un vecchio calzolaio che per tutta la vita ha nascosto un segreto terribile. Il suo nome è Mario Buda, altrimenti noto come Mike Boda. In America Boda's Bomb è diventato sinonimo di autobomba, e per le imprese di Mike Boda è stata scritta la prima legge antiterrorismo del mondo, eppure nessuno si ricorda di lui. Chi è questo immigrato, questo arrabbiato che ha firmato una delle pagine meno eroiche ma più significative della lotta contro l'ingiustizia sociale? Mario Buda arriva a Ellis Island nel 1907, partendo dalla Romagna, dove è nato e cresciuto. Alla scuola dell'anarchico Luigi Galleani impara che bisogna dire basta allo sfruttamento, al capitalismo, al razzismo. Costi quel che costi. Di giorno lavora in fabbrica, la sera commercia illegalmente whiskey nella New York del proibizionismo. Quando il governo americano approva le prime leggi contro gli immigrati italiani ed europei, iniziando i rimpatri forzati, mentre Sacco e Vanzetti sono arrestati e condannati a morte per un crimine non commesso, Mike Boda orchestra l'attentato più terrificante che l'America avesse mai subìto: una bomba a Wall Street, con 38 morti e 143 feriti. Quindi scompare nel nulla. Alcuni lo vedono in Messico, altri al confino nell'Italia fascista, altri ancora a Parigi, intento a organizzare un agguato per uccidere il Duce. Dopo un'esistenza segnata da menzogne e misteri, torna a Savignano e riprende a fare il lavoro che faceva da ragazzo e che ha sempre fatto: il calzolaio. Come se niente fosse. Portando con sé tutti i suoi segreti. Matteo Cavezzali racconta Buda attraverso le voci di quelli che lo hanno conosciuto e che sembrano parlare, ogni volta, di una persona diversa. Sono gli amici devoti, i parenti traditi, i poliziotti che gli sono stati alle calcagna, i compagni di militanza, gli avversari, le donne che lo hanno amato. Da una storia vera nasce un romanzo che avvita il passato al presente, esce un piccolo uomo che rabbia, sogni e violenza trasformano in un controverso protagonista, un personaggio che esplode come una bomba e poi si perde nei labirinti della Storia.


La mia recensione
Quando scrivo una recensione il mio problema di solito è iniziare, avere il là a cui poi affiancare pensieri e riflessioni sulla lettura. Un po' come coi temi a scuola: una volta iniziata è tutta in discesa. Se poi il libro di cui vi devo parlare non è uno di quei romanzi belli lineari, semplici, dritti, allora le difficoltà introduttive si moltiplicano. È il caso del libro di Matteo Cavezzali, scoperto un po' per caso e un po' per vicinanza geografica.

Ma di cosa parla questo libro? Di immigrazione? Di anarchici? Si, ma non solo. Cavezzali ci propone un ibrido tra l'indagine di cronaca, lo storico e la biografia e ci introduce la figura di Mario Buda, o Mike Boda come era conosciuto negli Stati Uniti, colui che compì il primo vero attentato di matrice terroristica della storia degli USA. O meglio, a lui viene attribuito perchè in un modo o nell'altro la paternità di quelle 38 morti non è mai stata accertata. Seguiamo quindi Buda da Savignano sul Rubicone (oggi nota quasi più per il centro commerciale che per altro, ahimè) fino a Boston e non solo, conoscendolo tramite le testimonianze e le parole di altri anarchici, di persone che ha conosciuto appena come la ragazza che ha frequentato per un po', ma anche tramite le parole di poliziotti, agenti dell'FBI e giornalisti.

Il romanzo non è incentrato unicamente sulla figura di Mario Buda, prende diciamo il via da lui per poi avere un respiro ben più ampio sul movimento anarchico italiano di inizio '900, ci racconta le sue origini, la sua evoluzione e soprattutto i suoi punti di forza. E facendo questo immancabilmente ci ritroviamo a guardare alla migrazione degli italiani in America, gente che viveva nella povertà più assoluta, che decide di prendere le poche cose che ha e di cercare fortuna oltre oceano. Giovani, uomini e donne, alla volta del paese del bengodi, pronta a spaccarsi la schiena pur di far fortuna e di mandare a chi è rimasto a casa di che vivere dignitosamente. Ma, allora come oggi, gli immigrati portano con loro sguardi storti e pregiudizi, allora come oggi si diffidava di chi veniva da fuori e dall'Italia in particolare. Bassi, pelosi, violenti e irosi, mangiano cose strane, puzzano. Questo era quello che vedevano gli americani negli italiani, poco più di bestie ma resistenti, cavolo se non erano la perfetta manodopera per le grandi fabbriche. E poi gli italiani erano tanti, anche se succedeva un incidente... via uno, avanti un altro. È qui, in questa grande democrazia retta da pochi grandi miliardari, che l'anarchia trova la brace da cui appiccare l'incendio, nella richiesta di condizioni più umane e di salari equi. E non facciamoci ingannare: anarchia non vuol dire caos. Questo è un aspetto a cui non si fa mai caso ma che nel libro viene alla luce: la particolarità dell'anarchia che ha operato negli Stati Uniti ad inizio '900 era proprio la sua organizzazione, i vari gruppi non si conoscevano, avevano caratteristiche diverse ma nei momenti di azione ognuno era un ingranaggio che sapeva esattamente cosa fare, quando e come. Ed è questo che ha creato nell'indagine, anche intorno alla figura di Mario Buda, il disastro. La polizia, l'FBI non hanno mai compreso appieno il fenomeno, le sue caratteristiche e la sua origine e sono riusciti solo ad alimentarlo ancor di più con i propri errori, ne sono l'esempio Sacco e Vanzetti.

C'è politica in questo libro? Si, ma intesa in maniera del tutto diversa rispetto a quella a cui siamo oramai abituati noi. C'è politica delle ideologie, forse anche più pericolosa, quella che immancabilmente porta a fare una domanda fin dalle prime righe: si è veramente disposti a morire per un'idea?

Ed ecco che all'improvviso il libro ambientato ad inizio '900, ti porta in un attimo in un'Italia e in un'Europa dei giorni nostri in cui un ragazzo qualunque, nato nel posto sbagliato nel momento sbagliato, arriva alla ricerca di un futuro migliore e invece dissemina morte in un mercatino di Natale a Berlino per morire lui stesso in un luogo dall'esotico nome di Sesto San Giovanni. Vicinanze, assonanze, di questo è fatta la società, un ieri e un oggi che hanno sempre più in comune. L'errore sta nel non sapere imparare da quello che è successo, ma questa è un'altra storia. Mario, Anis, li separano cent'anni, ma sono accomunati da società che non hanno trovato un posto per loro, li hanno respinti, emarginati, colpevolizzati. Ma non giustificati. Cavezzali non si butta sul buonismo, sulla società brutta e cattiva che crea da sola i propri mostri. Ci mostra quello che veramente era la situazione degli italiani immigrati. Quindi da una parte vediamo un paese che li fa entrare ma non li accoglie e dall'altra evidenti difficoltà di integrazioni dovute a radici molto forti nel proprio paese, nel ritrovarsi in una società multi etnica in cui la maggior parte della popolazione non parlava neanche la stessa lingua. Quando nel romanzo si dice che gli italiani giravano armati di coltello era vero, come erano abituati a farlo a casa in cui il coltello soprattutto nelle campagne era uno strumento essenziale, che abitavano in sovrannumero in una stessa casa era vero, vuoi per i pochi soldi vuoi per i legami familiari che si cercavano di mantenere stretti e saldi anche con un oceano che li separava dalla vera famiglia, che puzzavano e si lavavano poco, ma le condizioni igieniche erano quelle che si potevano permettere e così via.

Buda è un protagonista scomodo, difficile, ma l'autore ha saputo gestirlo e soprattutto ha saputo mantenerne le distanze. Non ci dà una "soluzione del caso Buda" ma gli elementi raccolti nella sua personale indagine, le testimoniante e le voci intorno alla sua figura e lascia libero il lettore di decidere e di capire se Buda sia colpevole o meno. Non ne fa un santo ma neanche un peccatore. Fa questo anche grazie all'idea di portare avanti diversi narratori che raccontino il proprio punto di vista su Mario. Con loro l'onniscienza del lettore e dell'autore è accantonata e ci mostrano solo un determinato aspetto della vita di Buda, il loro, in positivo e in negativo.

Una struttura particolare, uno spaccato storico forse poco conosciuto ne fanno un romanzo atipico, che ti parla di Storia ma che racconta una storia, che può risultare scomodo ma che ha il coraggio di non giudicare.

Voto
sono 4 cuori e mezzo!


Alla prossima











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