Titolo: Garden
Autore: Emma Romero
Editore: Mondadori - 2 aprile 2013
Pagine: 270
Prezzo: Rigida - € 14,90; Ebook - € 6,99
Autore: Emma Romero
Editore: Mondadori - 2 aprile 2013
Pagine: 270
Prezzo: Rigida - € 14,90; Ebook - € 6,99
Trama
Il
ritardo è negligenza. La negligenza è disordine. Il disordine è il
seme della perdizione. Maite è tra le operaie più efficienti nella
fabbrica in cui lavora. In fondo non ha scelta: se commettesse
un'infrazione sarebbe punita con la morte. Maite coltiva in segreto
la sua passione, il canto, e sogna di raggiungere il leggendario
giardino alla fine del mondo, dove si narra vivano i ribelli in
completa libertà e dove pare siano sopravvissute le lucciole. Perché
il suo paese è diventato una prigione fredda e spoglia. Dopo una
lunga guerra, l'Italia è stata divisa in Signorie e, per impedire il
ritorno al caos, le arti e le scienze sono riservate a una casta di
eletti, mentre gli esclusi sono condannati a una vita di obblighi e
privazioni. L'unica fonte di svago è la Cerimonia, la grande festa
celebrata per l'anniversario della Rinascita. Maite ha sempre voluto
esibirsi su quel palco, ma il giorno in cui potrà finalmente
ottenere il suo riscatto scoprirà che, in un paese che ha ucciso
ogni speranza, anche dai sogni si può desiderare di fuggire...
***
Avrei dovuto scrivere questa recensione molto tempo fa, ma che ci posso fare? La lettura è stata poco entusiasmante, per dirla con un eufemismo, e talmente insapore che persino buttare giù un parere sensato è stato faticoso.
Garden
aveva le potenzialità per essere una lettura piacevole, anche se
non indimenticabile.
L'idea
di un'ambientazione distopica italiana avrebbe potuto essere
vincente, se sfruttata in modo adeguato. Invece, il
risultato è piuttosto carente sotto molti punti di vista. Non
basta sfruttare l'onda del successo dei distopici e un'idea
potenzialmente buona per sfornare un bel romanzo.
Il
primo punto dolente è lo stile. È semplice, il che di
per sé non è una caratteristica negativa se viene accompagnato da
una narrazione efficace (oltre a trama e personaggi vincenti).
Invece, pur sfruttando la narrazione in prima persona, risulta
piatto e perde anche in scorrevolezza quando ci si imbatte in
frasi che, nell'intento vogliono essere descrittive e/o articolate e
profonde, ma che a conti fatti risultano solo incomprensibili. Per
non parlare dell'uso di termini in maniera impropria.
Vedo
il volto di Luca rabbuiarsi, la cicatrice sulla guancia sembra
sbiadire in una patina di ombre che colano fuori dai suoi occhi e lo
avvolgono.
I
miei occhi si raggrumano nello sguardo più tetro che riesco a
esprimere.
Gli
occhi, di un verde tenue, potrebbero essere di vetro o plastica o
metallo, e non si noterebbe alcuna differenza. Non sono inespressivi,
né gelidi, ma piuttosto sembrano ritratti e chiusi, pur essendo bene
aperti. Come se la vera persona che c'è dentro questo corpo si fosse
nascosta lì dietro e temesse di essere vista da qualcuno, da
chiunque. Così, ora che per l'ultimo istante fisso i miei occhi in
questi due cerchi bianchi e verdi che sanno di fuga e contrizione,
capisco che non ho modo di indovinare se si tratti di una ragazza o
un ragazzo.
C'è
inoltre un uso spropositato di flashback, volti a fornire al
lettore determinate spiegazioni, in maniera forzata e poco elegante.
Per esempio, in poco più di mezza pagina c'è un flashback che
racconta come si sia arrivati a un'Italia divisa in Signorie e al
periodo della Rinascita. In mezza pagina. Un punto forte del
romanzo sbattuto in poche righe. Non che successivamente
l'ambientazione sia trattata meglio, difatti risulta poco curata e
sensata.
Secondo
punto dolente: i personaggi. Macchiette. Caratterizzazione
rosicata al minimo e più piatti di una sottiletta. La
protagonista è la più insopportabile (d'altronde è anche
l'unica che conosciamo bene ed è lei a narrare le vicende) e
presenta tutti i caratteri dei personaggi dei pessimi young
adults: bipolare, aspetto apparentemente insignificante (ma
ovviamente ha il belloccio di turno, con gli occhi verdi, che le
muore dietro), badass quanto un peluche, intelligenza... non
pervenuta.
Maite
se la cava perché deve cavarsela. Poco importa la coerenza della
storia, delle informazioni fornite al lettore. Maite è la
protagonista e come tale deve a) combinare disastri e cacciarsi nei
guai, b) riuscire a cavarsela perché, appunto, è la protagonista e
c) ovviamente è tanto idealista e quindi deve suscitare la simpatia
del lettore. L'unica cosa che suscita è il prurito alle mani per la
voglia di abbatterla e porre fine alla sofferenza di sorbirsi la sua
idiozia.
Gli eventi si susseguono in modo veloce e frenetico; a tratti mi sono chiesta se fosse tutto un trip mentale della protagonista tanto le vicende mancano di logica. Tutto accade perché... perché sì. Oh. Mica serve una spiegazione.
Gli eventi si susseguono in modo veloce e frenetico; a tratti mi sono chiesta se fosse tutto un trip mentale della protagonista tanto le vicende mancano di logica. Tutto accade perché... perché sì. Oh. Mica serve una spiegazione.
Per
esempio è allucinante quante volte venga ripetuta la presenza di
telecamere e microfoni ovunque, ma che all'occorrenza, guarda caso,
non impediscono lo svolgimento della storia. E nemmeno il plot
twist finale rende il tutto più credibile. Anzi, aumenta solo lo
sconvolgimento del ma-che-cosa-ho-appena-letto.
Non
parliamo poi degli antagonisti. Tutti cattivi e antipatici perché
sì. E quelli non antipatici... non sono cattivi. Ops, spoiler.
No, davvero, l'alleato della protagonista è l'annuncio più
telefonato del secolo. Suspense, questa sconosciuta.
Purtroppo
non salvo davvero nulla di questo romanzo, apprezzo giusto
l'idea vaga di partenza di un distopico ad ambientazione italiana, ma
visto il risultato ne avrei fatto anche a meno.
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